L’espressione inglese “black mirror” fa riferimento allo schermo spento degli hardware digitali (TV, smartphone, computer). L’omonima serie tv antologica britannica racconta diverse storie, il cui filo conduttore riguarda l’uso che viene fatto della tecnologia e in particolar modo della natura social e delle possibili ricadute sociali del progresso in questi termini.

I vari episodi sono ambientati in un futuro distopico e fantascientifico. In questo mondo ipotetico la tecnologia permea ogni aspetto della realtà, mostrando una società allo stesso tempo vicinissima alla nostra ma radicalmente rivoluzionata, in cui i concetti di identità, etica, morte vengono totalmente ridefiniti.

🤝Condivisione di responsabilità🤝

Uno degli episodi che è più d’impatto sotto questi aspetti è “Odio Universale”. In questo racconto, due agenti di polizia indagano su dei misteriosi omicidi che coinvolgono, di volta in volta, personaggi pubblici sotto l’occhio del ciclone. Basta, infatti, essere il primo in classifica tra i personaggi più odiati del giorno per fare una brutta fine. Sembra inoltre impossibile fermare questa catena di crimini poiché “eseguiti” da piccoli insetti robot finiti sotto il controllo di un hacker. Di fatto, però, sono gli utenti che condividendo l’hashtag #DeathTo scelgono le vittime del giorno. Il finale lo lascio alla vostra curiosità.

Questa storia da una sensazione di inquietante familiarità, cosa che accade spesso alla fine dei vari episodi. Il tema trattato infatti sembra essere particolarmente pungente ed attuale: l’odio social.

Dietro lo schermo e la tastiera si ha la sensazione di non dover affrontare le conseguenze dei propri comportamenti perché ci si sente meno esposti e rintracciabili. Quando i temi dell’odio poi vengono condivisi da centinaia o migliaia di utenti, questi aspetti si rinforzano esponenzialmente secondo quello che viene chiamata deindividuazione. Nel sentirsi parte di un gruppo, infatti, si ha una maggiore sensazione di anonimato e la consapevolezza di sé e delle conseguenze delle proprie azioni si diluisce a favore del mantenimento dello scopo del gruppo. Per quanto le azioni o le intenzioni del gruppo possano essere terribili, il solo fatto di condividerli permette all’individuo di sentirsene meno responsabile. Allo stesso tempo però si perde di vista quanto possa essere pesante e lesivo proiettare contenuti di odio su una singola persona, e quanto può essere svilente sentire di essere il bersaglio degli insulti delle persone.

A tal proposito, consideriamo un altro aspetto. Nelle interazioni virtuali, infatti, sembra più difficile che si attivino i processi legati all’empatia. Questa capacità è fondata sulla sintonizzazione emotiva con l’altro e si sviluppa nelle relazioni con le figure significative e più tardi con i pari. A partire da queste interazioni ci si può spiegare il comportamento degli altri e come si sentono in determinate circostanze. Questo può essere particolarmente difficile da attivare (o sviluppare) in un contesto digitale, spesso povero nei termini di vicinanza, di aspetti non verbali e di feedback spontanei.

A questo punto però sorge spontanea una domanda. Se consideriamo che una sempre più ampia fetta delle nostre vite viene trascorsa on-line, che effetto può avere questo sull’empatia delle future generazioni?

📱Come tu mi vuoi📱

Nell’episodio “Caduta Libera” il proprio punteggio social può pesantemente condizionare la vita dei personaggi fino a fargli perdere il proprio lavoro o addirittura la libertà. La protagonista ambisce a raggiungere uno status più elevato e cerca in tutti modi di incrementare il valore delle sue recensioni. Una ghiotta occasione le capita quando una vecchia amica (diventata VIP) la invita al suo matrimonio.

Senza spoilerare il finale e i dettagli dell’episodio, le peripezie della protagonista mettono in luce una fetta di un mondo che già conosciamo. Attualmente le conseguenze di una cattiva recensione, di un cattivo commento o della perdita di visibilità non arrivano a quanto raggiunto nella serie, ma ciò non vuol dire che le conseguenze non possano  essere altrettanto gravi.

L’odio può essere facilmente veicolato tramite la rete; in questo caso si parla di una sorta di disapprovazione, o meglio un tentativo di svalutazione dell’altro che in alcuni casi può intaccare la stima del valore personale.

Possiamo considerare che in alcuni casi l’immagine social possa essere un prolungamento dell’identità o di una parte di essa che una persona si è costruita e che sta ancora sviluppando.

Che tipo di peso può avere allora un cattivo commento o una cattiva recensione in questo caso? Cosa può diventare un giudizio negativo se lo colleghiamo al nostro valore personale?

Il peso e le conseguenze di queste azioni si possono delineare negli effetti ad esempio del cyberbullismo. Tramite la rete si possono infatti perpetuare veri e propri atti di persecuzione, che possono andare dagli insulti ai veri e propri ricatti.

Queste difficoltà si possono incontrare anche nella realtà quotidiano ma vengono amplificate dalle caratteristiche stesso del contesto digitale come l’immediatezza, la continua disponibilità di accesso, la facilità e la velocità con cui le informazioni vengono condivise e si diffondono.

🎭Lo specchio nero🎭

La traduzione letterale del titolo della serie può essere letto come un gioco di parole.

Le storie raccontate potrebbero essere considerate come uno specchio che distorce grottescamente la realtà odierna ma che ne conserva le radici. E lo specchio nero ci anticipa i risvolti peggiori. Fino a che punto la rete e la tecnologia possono essere considerati uno strumento, e da che punto diventano qualcosa di cui non possiamo fare a meno o che può addirittura travolgerci?

La decisione spetta a te.

 

Autore: Dott. Francesco Zevolini

Revisore: Dott.ssa Sabrina Masetti