La parola “ostracismo” deriva dal greco antico ὀστρακισμός (ostrakismos). Al tempo era una procedura costituzionale della democrazia ateniese del 500 a.C., caratterizzata da un voto collettivo di tutti i cittadini, che mirava a bandire da Atene una persona che stava diventando una minaccia per il benessere della comunità. Questo voto era scritto dai cittadini su ὄστρακα (ostraka), pezzi di ceramica: più di 6000 ostraka con lo stesso nome implicavano l’esilio da Atene per 10 anni.

Oggi la parola ostracismo ha assunto un significato più ampio: in psicologia sociale il termine si riferisce a qualsiasi atto volto a ignorare ed escludere un individuo o un gruppo (Williams, 2001). L’ostracismo è un fenomeno sociale presente nella vita quotidiana, per esempio sul posto di lavoro attraverso il mobbing (Robinson, O’Reilly, & Wang, 2013), o a scuola, dove ha conseguenze peggiori del bullismo (Williams & Nida, 2014). Sta inoltre diventando un fenomeno che ha luogo anche su Internet (Nezlek, Wesselmann, Wheeler, & Williams, 2015); il cyber ostracismo, infatti, è una forma di ostracismo che si verifica quando una persona o un gruppo ignora un’altra persona o un gruppo sui social network.
Questo fenomeno sociale è profondamente radicato nella storia; il fatto che sia presente sia negli uomini che nei primati è un segno di continuità filogenetica (Raleigh & McGuire, 1986). Può essere considerato una risposta evolutivamente adattativa che mira a proteggere i gruppi da minacce sociali reali o simboliche e a correggere i comportamenti degli individui che deviano dalle norme e dalle regole del gruppo e a promuovere la coesione del gruppo (Hales, Ren, & Williams, 2017). Durante l’evoluzione l’ostracismo (e la minaccia di esso) è stato uno strumento potente, poiché essere espulsi da un gruppo senza protezione, rifugio e cibo era quasi una condanna a morte, e le persone ostracizzate erano spinte ad agire pro-socialmente per riguadagnare la posizione nel gruppo (Brewer, 2005).

 

Gli effetti dell’ostracismo

I risultati di molti studi suggeriscono che l’ostracismo ha diversi effetti negativi sulle vittime.
Una delle conseguenze sociali negative sono comportamenti aggressivi e antisociali e violenza interpersonale da parte delle vittime. Catanese e Tice (2001, 2005) hanno postulato che l’esclusione sociale causa violenza interpersonale. Kowalski, Smith e Phillips (2003) hanno analizzato 15 sparatorie scolastiche avvenute tra il 1995 e il 2001 negli USA e hanno scoperto che l’ostracismo ha giocato un ruolo causale nella violenza su larga scala. Per esempio, gli autori hanno analizzato la sparatoria scolastica avvenuta a Littleton, Colorado, nel 1999 alla Columbine High School, in cui due studenti hanno aperto il fuoco e ucciso 12 studenti, un insegnante, e ferito 21 persone con colpi di pistola. Gli autori erano stati descritti come socialmente isolati e ostracizzati (Knapton, 2014).

Inoltre, l’ostracismo implica un disagio emotivo che innesca deficit nella cognizione (Baumeister et al., 2002). Baumeister et al. (2002) hanno studiato gli effetti dell’ostracismo sulla memoria e l’apprendimento utilizzando un compito di richiamo della memoria. Nella condizione sperimentale di esclusione i partecipanti hanno eseguito un compito di memoria significativamente peggio rispetto agli altri partecipanti. Anche Buelow, Okdie, Brunell e Trost (2015) hanno esaminato gli effetti negativi dell’ostracismo sulle funzioni cognitive. Gli autori hanno usato il paradigma del Cyberball e un test di memoria di lavoro (Digit Span subtest, dal Wechsler Adult Intelligence Scale-IV, WAIS-IV), un test che indaga i processi decisionali (Iowa Gambling Task, IGT) e la capacità di persistere nello svolgere un compito difficile (Unsolvable Puzzle Task). Queste tre funzioni cognitive implicano la volontà e l’autoregolazione e sono legate all’attività del lobo frontale. I risultati di questa ricerca hanno rivelato che i partecipanti ostracizzati hanno ottenuto risultati peggiori rispetto ai partecipanti nella condizione di inclusione in tutti e tre i test.

Inoltre, Hawes et al. (2012) hanno esaminato più da vicino le conseguenze dell’ostracismo e del rifiuto nelle funzioni cognitive dei bambini nel contesto scolastico. Gli effetti sulle prestazioni cognitive dei bambini sono stati significativi, e il rifiuto dei pari ha portato a scarse prestazioni accademiche. L’impatto dell’ostracismo è effettivamente maggiore nei bambini e negli adolescenti rispetto agli adulti, a causa di un’ipersensibilità al rifiuto sociale e quindi una maggiore propensione a sperimentare il dolore sociale. Riguardo la sofferenza causata dall’esclusione, uno studio che ha usato la risonanza magnetica funzionale, condotto da Eisenberg e Liebermann (2004; 2005), ha mostrato un aumento dell’attività della corteccia cingolata anteriore (ACC) in seguito a ostracismo, un’area del cervello implicata nel dolore fisico e sociale.  In effetti, essere esclusi socialmente è un’esperienza dolorosa e disumanizzante (Bastian & Haslam, 2010) che porta la persona a vivere insicurezza e un calo nell’autostima:

 “Non percependo parola alcuna da parte del proprio carnefice, l’isolato tenderà a modificare nella sostanza il proprio mondo: svaluterà completamente la propria immagine sociale, la propria autostima ne risentirà poiché qualcuno ha deciso che non valiamo poi così tanto come pensavamo” (Zamperini, 2010).

 

Conclusioni

L’ostracismo, quindi, ha significative implicazioni sociali e personali, e i suoi effetti non sono solo dannosi per coloro che vengono respinti, ma anche per la comunità intera. In quest’ottica, può essere considerato una vera e propria forma di violenza, che a sua volta genera ulteriore violenza. In relazione a ciò, sarebbe interessante analizzare se al giorno d’oggi l’utilizzo dell’ostracismo, il prodotto di un adattamento evolutivo che ha portato benefici durante l’evoluzione dell’uomo, sia ancora vantaggioso e adattivo in contesti sociali molto diversi e più grandi rispetto a quelli in cui si è sviluppato, caratterizzati da nuove tecnologie e cambiamenti nelle relazioni sociali. L’atteggiamento verso il concetto di ostracismo potrebbe avere implicazioni nelle politiche di inclusione verso le minoranze sociali; in questo caso i costi dell’uso dell’ostracismo a lungo termine potrebbero superare i benefici. A livello personale, essere consapevoli di questo fenomeno sociale può essere utile per riconoscere la sua presenza e prevenirla, visti i risvolti dolorosi e stressanti per le vittime. La prevenzione può passare per politiche sociali e interventi scolastici e nei luoghi di lavoro, ma anche i singoli individui possono giocare un ruolo importante: in effetti, nei fenomeni sociali, una singola persona che non segue la pressione sociale è sufficiente per influenzare il comportamento degli altri membri del gruppo e a ridurre la tendenza al conformarsi al gruppo in tutti gli altri membri (Asch, 1951).

In conclusione, i singoli individui che si rifiutano di ostracizzare possono fare la differenza, avere un impatto positivo sul comportamento di esclusione non solo loro ma del loro gruppo.

Autrice: Dott.ssa Fiammetta Marini

Revisora: Dott.ssa Sabrina Masetti

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