Con il termine “Hikikomori” si può definire un fenomeno nato e sviluppatosi prevalentemente in Giappone, ma ad oggi presente anche in Corea e Taiwan e in Europa, compresa l’Italia, in cui un numero sempre maggiore di giovani, i quali apparentemente per una forma di apatia scolastica, interrompevano le relazioni sociali e si ritiravano nella propria stanza rimanendovi rinchiusi anche per lunghi periodi (auto-reclusione). Si tratta di una sindrome, ovvero un insieme di sintomi associati tra loro e non vi è diagnosi di malattia. Non essendo attualmente disponibili criteri diagnostici universalmente accettati, è possibile identificare pazienti hikikomori solo mediante l’esclusione di altre patologie psichiatriche.

In primo luogo, è necessario effettuare una distinzione tra due possibili condizioni di Hikikomori: primaria o secondaria. Si definisce primaria la manifestazione del fenomeno di ritiro sociale grave non descritto dalle concettualizzazioni attuali presenti nel DSM-5: il soggetto non presenterebbe alcuna diagnosi grave pur non essendo in grado di entrare in società e di adattarsi al suo ambiente. Si definisce secondaria, invece, quella condizione in cui il ritiro sociale sarebbe una manifestazione conseguente ad altre patologie, quali disturbo depressivo, disturbi d’ansia, disturbi di personalità. A questo proposito, vogliamo portare l’attenzione sulla rassegna di Teo e Gaw del 2010, che si è focalizzata principalmente sui segnali di possibili disturbi psicopatologici che si manifestano con il comportamento di ritiro sociale. Esso è stato, infatti, riconosciuto come un sintomo tipico di patologie come la schizofrenia, il Disturbo d’Ansia Sociale, il Disturbo Depressivo Maggiore e alcuni disturbi di personalità come i profili schizoidi ed evitanti. Tuttavia, un notevole sottogruppo di casi clinici non riscontrava i criteri per la diagnosi di alcun disturbo psichiatrico. Teo e Gaw concludono quindi che il ritiro sociale grave o acuto potrebbe in futuro essere incluso nel DSM come una nuova psicopatologia a sé stante (Teo e Gaw, 2010).

La prima e più ovvia diagnosi differenziale è quella tra disturbo d’ansia sociale e sindrome Hikikomori per la presenza di marcato ritiro sociale. Tuttavia il soggetto hikikomori vive prevalentemente una condizione di disinteresse nei confronti del mondo e le situazioni sociali sono evitate non per l’ansia, ma per l’apatia. Questo elemento è fondante per distinguere le due patologie.

Ulteriori disturbi che entrano in diagnosi differenziale con l’hikikomori sono i disturbi dell’umore, in particolare i disturbi dello spettro depressivo, per la possibile presenza di deflessione dell’umore, scarsa autostima, alterazioni del ritmo sonno-veglia. Il soggetto hikikomori, nonostante possa riferire tristezza e pensieri di morte, presenta un quadro prevalentemente caratterizzato da apatia. Tuttavia questi sintomi appaiono aspecifici e poco indicativi in quanto spesso conseguenza del cambiamento dello stile di vita e non elementi eziopatogenetici.

Spesso erroneamente l’hikikomori è stato confuso con la schizofrenia a motivo del ritiro sociale e della bizzarria della sintomatologia, ma le allucinazioni e i deliri tipici di un disturbo del versante psicotico non sono presenti. Inoltre, mentre negli schizofrenici la comunicazione è resa difficoltosa dalla patologia stessa, nell’hikikomori è possibile instaurare una minima conversazione nonostante la chiusura relazionale e il mutacismo.

Esistono molte analogie tra il disturbo evitante di personalità e l’hikikomori, per la presenza di un pattern comportamentale di evitamento spesso pervasivo. Il soggetto hikikomori non presente sentimenti di inadeguatezza, ma soprattutto non ha il desiderio di stabilire delle relazioni significative. In questo senso, la diagnosi differenziale risulta molto difficile e la letteratura considera la possibilità di comorbidità tra le due patologie. Anche il disturbo schizoide di personalità potrebbe richiedere l’esigenza di una diagnosi differenziale con hikikomori, in cui tuttavia è presente adeguata critica e sensibilità alle gratificazioni.

Infine, per quanto riguarda la dipendenza da internet, gli studi mostrano che solo nel 10% dei casi è stato riscontrato anche questo tipo di dipendenza. In realtà al momento è stata trovata solo una correlazione tra i comportamenti di ritiro sociale e alcuni sintomi dell’internet addiction (Wong, 2015), ma ancora non è stato condotto uno studio che permetta di stabilire una relazione causale tra i due fattori.

Per favorire una corretta individuazione e diagnosi della sindrome di hikikomori, sono stati sviluppati alcuni test psicometrici, quali l’Hikikomori Assessment Interview (Teo et al., 2015), l’Hikikomori Questionnaire (Teo et al., 2018) validato in 5 paesi e l’Hikikomori Social Withdrawal Scale (Stavropouos et al., 2019).

In conclusione, ulteriori studi sono necessari al fine di capire in modo più approfondito se la sindrome hikikomori possa essere considerata come una patologia a sé stante o se sia una manifestazione grave conseguente o propria di altri disturbi.

 

Autore: Dott.ssa Eleonora Sirsi

Revisori: Dott.ssa Sabrina Masetti, Dott. Stefano Cosi