Perché recensire questo autore?

Estate 2021, come affrontarla”, l’argomento. Viaggiando, ho pensato. Subito, d’istinto, armata di desiderio. Poi la delusione della difficoltà del momento che impedisce di godere delle cose che un tempo (che oggi sembra molto lontano) erano molto semplici. Prendere un treno e scappare per qualche giorno, qualche settimana, in vacanza e staccare, un’improvvisata senza pensieri. Sembra un ricordo vago.

In questo periodo pare proprio questo il difficile, riuscire ad evadere da una condizione molto costringente. Personalmente quindi ricorro volentieri ai libri, non solo la saggistica intellettuale, che permette di dire con molta sicurezza “io leggo”; anche e soprattutto quei libri che aprono le strade, che permettono per il tempo che gli dedichiamo, di far correre la mente su posti e immagini nuovi, dipingendoli di preferenza con i colori che ci piacciono.

Personalmente sono ricorsa quindi, quasi in un moto istintuale, ad un autore a me caro. Izzo, e visto che l’estate è lunga, alla trilogia di Fabio Montale.

Jean-Claude Izzo nasce a Marsiglia e vi muore a 55 anni. Nadia Dhoukar (2009) lo descrive come “una meteora”, che appare e scompare nel panorama della letteratura poliziesca francese. I suoi romanzi “celano una luce la cui densità varia a seconda del momento, secondo la nostra posizione sulla terra, a seconda che i nostri occhi siano aperti e i nostri cuori ricettivi”.

A volerlo indicare viene quindi subito in mente il romanzo poliziesco. Ed è vero. Ma Izzo permette anche di viaggiare, di scoprire, il mondo, le vite e quindi forse pezzi di sé. Ci porta sul mare, indubbiamente. Sul porto di Marsiglia, un crocevia brulicante di vite in arrivo e in partenza. Storie di migrazioni e contaminazioni, con la conseguenza apertura di mille parentesi, che vorremmo non si chiudessero così facilmente. Ci porta in barca con lui, anzi, con il suo principale protagonista. Con Fabio Montale. Un ragazzo come altri delle banlieux marseillaises, quartieri che i turisti non frequentano a cuor leggero. Ci porta in barca con lui a pescare sull’acqua riflettente i raggi del sole, oppure sul terrazzo di casa sua, a godersi una bouillabaisse in compagnia di Babette, cullati dalle onde in lontananza.

Un romanzo poliziesco appunto, il cui dramma però non sembra essere il crimine. Ciò che permette di viaggiare e poter aprire i pensieri su mondi diversi è il “contorno” mi verrebbe da definirlo, i satelliti e ciò che gira intorno alla vicenda. Fabio Montale, così come gli altri personaggi delle vicende raccontate, sono impregnati dell’ambiente che li circonda. Una città che condiziona, un crocevia che sembra predestinare i fati già scritti, contro cui forse tutti vorremmo prendere azione, e avere l’idea di modellare il proprio destino. “Avevo sempre proceduto così con la realtà. Tentando di elevarla al livello dei miei sogni”, scrive l’autore.

L’ambiente plasma, si direbbe nel leggere questi romanzi. Ed oggi più che in altri momenti storici, mi sembra che siamo chiamati a farne i conti. Winnicott, psicoanalista e pediatra britannico, parla di ambiente di holding, che tiene e ci tiene. Faccio un lieve passo indietro.

Questo autore della letteratura psicoanalitica fu uno dei primi a porre l’accento sull’importanza delle cure ambientali sulla crescita e lo sviluppo individuale. Già nella vita intrauterina, muovendosi il feto fa sentire alla madre la sua presenza, prendendo quindi un primo contatto con il mondo. Questo primo contatto, ed i successivi che seguiranno, instaurano un dialogo inestinguibile fra noi e la realtà circostante, come questa ci tiene appunto, e come noi ci rapportiamo a lei. E come noi ci definiamo in corrispondenza delle risposte che riceviamo dall’ambiente esterno.

Il proprio senso di sé sembrerebbe derivare in prima battuta dalla capacità di essere tenuti, anche fisicamente. L’Io è anzi tutto un “io corporeo” diceva già Freud (1923). Il senso dei propri confini, di chi siamo, fisicamente e psichicamente, in rapporto al mondo circostante che continuamente ci inonda di stimoli. L’ambiente. Per Izzo: Marsiglia. Ed è lì che ci permette di vivere insieme ai suoi personaggi. Immersi in questo ambiente in cui il giusto e lo sbagliato non sono sempre distinguibili. Izzo forse parla di verità, oltre ogni eventuale giudizio o morale, che è quello che un percorso psicoterapico potrebbe auspicare. Un capitolo del volume centrale della trilogia si chiama appunto: “Dove un po’ di verità non ha mai fatto male a nessuno.”

Montale trova la sua via fuori dal mondo criminale diventando un flic, un poliziotto, un pulotto forse diremmo meglio. Si ritrova ad esserlo. Mentre i suoi amici sono rimasti dall’altra parte di questa invisibile barriera. Una barriera quindi fra bene e male, giusto e sbagliato, criminalità e giustizia, che però non si capisce bene quando ci troviamo da un lato o dall’altro. E forse non è necessario capirlo. “Non credevo più ai ladri. Non credevo più ai gendarmi. Quelli che rappresentavano la legge avevano perduto ogni senso dei valori morali, e i veri ladri non avevano mai rubato solo per riuscire a mangiare qualcosa la sera. […] Per un sacco di ragazzi della città, la galera, era il grande tuffo. Quando ne tornavano, era per il peggio. Il meglio era dietro di loro. L’avevano mangiato ed era già pane raffermo”.

Autrice: Dott.ssa Giulia Del Bene

Revisora: Dott.ssa Sabrina Masetti

 

Bibliografia:

Dhoukar, N. (2009) in La trilogie Fabio Montale, Jean-Claude Izzo. Ed. Gallimard.

Freud, S. (1922) L’Io e l’Es. OSF vol. 9. Bollati Boringhieri.

Izzo, J-C. (1995) La trilogie Fabio Montale. Ed Gallimard, 2009.

Winnicott, D., W. (1965) Sviluppo affettivo e ambiente. Armando Editore, 2007.

Winnicott, D., W. (1971) Gioco e Realtà. Armando Editore, 1993.

Winnicott, D., W. (1984) Il bambino deprivato. Raffaello Cortina Editore, 1986.