Masetti Sabrina – Direttore Scientifico Centro Clinico La Mongolfiera

Cosi Stefano – Direttore Centro Clinico La Mongolfiera

La locuzione “età evolutiva” fa riferimento al periodo di vita che va dalla nascita alla fine dell’adolescenza e che risulta particolarmente impegnativo a causa di numerosi cambiamenti a cui un essere umano è sottoposto e con cui necessariamente deve confrontarsi. A questo proposito, è utile introdurre il concetto di sistema: “Un sistema è un insieme di unità interagenti che sono in relazione tra loro. Lo stato di ciascuna unità è vincolato, coordinato o dipendente dallo stato delle altre unità.” Gli ecosistemi che si possono riscontrare in età evolutiva sono di diverso tipo: bambini e adolescenti hanno a che fare con l’ecosistema familiare, quello scolastico, quello sociale e quello dei pari. Tra ognuno di questi ecosistemi e il soggetto in età evolutiva esiste una complessa rete di interazioni a doppio senso: queste interazioni possono essere viste come l’insieme di aspettative che le persone presenti nei vari ecosistemi nutrono nei confronti del soggetto e viceversa.

La visione sistemica tuttavia, non si limita agli ambienti esterni al soggetto in età evolutiva, ma prende in considerazione anche le interazioni che si svolgono all’interno della persona in questione, ossia i sottosistemi o repertori propri della persona. La difficoltà sta nel considerare tutti queste interazioni, sia esterne che interne, nella loro globalità. Solo così si può arrivare ad avere una panoramica completa dei problemi, delle risorse, dei punti deboli e dei punti di forza, che possono poi essere oggetto di modificazione, potenziamento o estinzione, nell’ottica di un miglioramento della qualità di vita della persona in tutti gli ecosistemi.
Il bambino si trova ad affrontare sfide quotidiane come la separazione da mamma e papà, l’inizio della scuola, il confronto con i pari, le prestazioni scolastiche o l’apprendimento di nuove regole. Per qualcuno questo può essere faticoso o addirittura fonte di sofferenza: in questi casi il bambino può cominciare a manifestare segni di disagio. La sofferenza psicologica nei bambini e negli adolescenti assume spesso le forme di veri e propri sintomi, sia fisici che psicologici, che vanno adeguatamente inquadrati e diagnosticati, soprattutto per prevenire disturbi più gravi in età adulta. I sintomi infantili e adolescenziali sono delle reali richieste di aiuto, che possono non assumere forme chiaramente espresse, ma che vanno comunque prese in seria considerazione.
La terapia cognitivo-comportamentale dell’età evolutiva fa riferimento alla modificazione graduale del comportamento a partire dalla definizione sistematica dei sintomi e della loro origine. I comportamenti hanno senso solo se messi in relazione all’ambiente fisico e psicologico (ecosistemi e sottosistemi precedentemente citati) in cui si manifestano. Alcuni comportamenti infantili possono apparire strani o di difficile comprensione dall’esterno, ma hanno al proprio interno una precisa funzione, che è stata appresa attraverso rinforzi o punizioni, spesso dati inconsapevolmente o per via di credenze e convinzioni errate.
La terapia cognitiva e comportamentale aiuta a rendere visibili le motivazioni e le funzioni di un determinato comportamento divenuto disfunzionale, cercando di rispondere ad alcune domande: a che bisogno risponde questo comportamento? Come è stato appreso? Quali comportamenti da parte degli altri ecosistemi lo hanno rinforzato? Quali sono le possibili azioni per insegnare al soggetto altre modalità di fronteggiamento della realtà?
Come si procede
Quando si comincia un percorso terapeutico in età evolutiva si seguono alcune procedure standard che prevedono un primo colloquio con i genitori o con chi si occupa dell’educazione e della cura del bambino (caregiver), successivi 4 o 5 colloqui di osservazione e colloquio con il bambino stesso, e un incontro finale di restituzione di ciò che si è compreso ai genitori per la condivisione della diagnosi e per stabilire le linee generali del progetto terapeutico.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale in età evolutiva procede con la costante partecipazione dei genitori, degli insegnanti e, qualora ce ne fosse bisogno, anche della rete familiare più ampia. La partecipazione dei genitori è fondamentale nella psicoterapia cognitivo-comportamentale, perché l’intervento oltre a decodificare il bisogno del bambino, deve restituire ai genitori una consapevolezza nuova e strumenti più efficaci di comunicazione con il loro figlio.  La psicoterapia cognitivo-comportamentale cerca di dare voce al bambino e di potenziare le risorse dei suoi caregiver che sono e restano le sue figure di riferimento fondamentali.
Nonostante la procedura sia abbastanza standardizzata, è importante sottolineare che esistono alcune differenze di diagnosi e cura a seconda della fase evolutiva del bambino, che necessita di attenzioni individualizzate in virtù dell’età e delle caratteristiche personali. A partire dai primi 3 anni di vita, in cui il bambino è completamente dipendente dai genitori, dove l’intervento mira quasi esclusivamente ai colloqui con le figure genitoriali, l’intervento via via si fa sempre più centrato sul bambino, in relazione alla maggiore e progressiva acquisizione di competenze, emotive, relazionali durante le diverse fasi di crescita, pur mantenendo sempre un canale di conversazione aperto con i genitori, che comunque restano le figure di riferimento principali. A partire dai 13 anni inizia l’adolescenza e le esigenze, di vita e terapeutiche, cambiano. La costruzione di una relazione di fiducia esclusiva e protetta è una condizione fondamentale per un adolescente che si avvicina ad un percorso psicologico e, nonostante il trattamento preveda comunque sedute di confronto con i genitori, il bisogno di autonomia e di differenziazione dagli adulti è prioritario e stabilisce un setting molto simile a quello degli adulti.